c’è della gente biliosa che si irrita ad ogni citazione latina ch’io lascio scappare ne’ miei scritti. Figurarsi! qualcuno potrebbe credere ch’io so il latino; attribuirmi un merito che non ho… hanno ragione, povera gente; c’è da morirne. (Per la Regina, «Fanfulla», 1879, X, n. 62)

La citazione sopra riportata appartiene a una scrittrice e giornalista molto cara alla città di Novara e all’ambiente letterario italiano di fine Ottocento, ossia alla Marchesa Colombi, pseudonimo di Maria Antonietta Torriani (Novara, 1840-Torino, 1920), la quale, almeno dalla sua riscoperta negli anni Settanta, non ha smesso di coinvolgere e interessare la critica contemporanea.
Tra gli studi più recenti, si colloca questo approfondimento sulla carriera giornalistica della Torriani, che, a differenza della sua produzione letteraria (narrativa e poetica), sia pubblicata in volume sia apparsa sulla stampa periodica, già decisamente approfondita, si presentava ancora confusa e incompleta.[1]

Il focus della ricerca è stato l’esame dei periodici a cui collaborò la Torriani di cui, almeno fino al 2001, non era stato ancora effettuato o completato lo spoglio [2]. Gli spogli sono stati effettuati unicamente attraverso le emeroteche e gli archivi digitali presenti in rete, quindi su materiale in formato digitale [3]. Da tale modalità di lavoro è dipeso il risultato complessivo dello studio: da un lato, il reperimento di un numero consistente di giornali e di articoli ha permesso di raggiungere l’obiettivo prefissato, ossia iniziare a colmare le lacune in questo ambito, senza la pretesa di esaustività; dall’altro l’esclusione, per il momento, di una parte di materiale presumibilmente interessante, che pure avrebbe meritato un’uguale attenzione, ha dimostrato che la critica contemporanea può ancora approfondire in modo significativo la carriera giornalistica della Marchesa Colombi [4]
Sono stati presi in esame, integralmente o parzialmente, a seconda della disponibilità in rete, 14 periodici, di cui 6 o sconosciuti fra le collaborazioni della Torriani o noti ma mai esaminati; a questi vanno aggiunti 8 giornali di cui non si è potuto effettuare uno spoglio sistematico, ma in cui perlomeno è stata rinvenuta la presenza della Colombi fra i giornalisti e, in alcuni casi fortunati, anche il reperimento di alcuni suoi interventi.

Attraverso i dati raccolti e gli studi precedenti, è stata ripercorsa l’intera carriera letteraria e giornalistica dell’autrice, suddivisa in fasi: l’esordio (1868-1873), con le prime collaborazioni giornalistiche e le prime pubblicazioni in volume; la formazione e la comparsa degli pseudonimi della Torriani (1874-1879), con cui iniziò ad affermarsi; il successo letterario e giornalistico della Marchesa Colombi e le sofferenze di Maria Antonietta nella vita privata, colpita da disgrazie e delusioni (anni Ottanta); il ritiro dalla stampa e dalla vita pubblica (dagli anni Novanta alla sua morte). In questo modo si è potuto ampliare la prospettiva sull’intero percorso della giornalista e al contempo chiarire maggiormente nelle fasi ancora poco note. Inoltre, la lettura diretta degli scritti della giornalista – portati alla luce dal presente studio o già conosciuti ma poco o per nulla esaminati, di cui è possibile leggere numerosi passi all’interno della disamina – specie per gli interventi di carattere sociale, permette di comprendere più a fondo ideologia e stile della giornalista nonché di conoscere più puntualmente la realtà sociale, economica e culturale dell’Italia tardo ottocentesca.
Gli scritti della Colombi, noti o emersi dalla ricerca, sono stati esaminati anche a seconda del contenuto, letterario o sociale, ossia in base ai due filoni tematici che dal 1869 fino al suo ritiro caratterizzarono i suoi articoli di giornale. Tra gli scritti di natura letteraria rientrano i racconti o i romanzi a puntate, le traduzioni di opere di narrativa, le poesie, le opere teatrali, le recensioni letterarie, teatrali e artistiche, gli articoli sulle dinamiche editoriali; fra gli scritti di impegno sociale, invece, sono compresi le conferenze pubbliche, gli articoli di costume, sulla moda, sulla beneficenza, sui soggiorni estivi, sulle festività, sulle esposizioni nazionali, sulla condizione della donna, su temi di attualità, sulla cronaca recente.

Lo studio ha appurato che Maria Antonietta Torriani scrisse almeno 235 articoli di giornale, di cui 67 riportati alla luce da quest’ultima ricerca  [5]. Le nuove acquisizioni riguardano 37 scritti letterari (242 contando ogni puntata), 22 interventi di impegno sociale (31 considerando ogni puntata) e 8 di carattere misto. A questi si aggiungono 40 articoli già noti di cui sono stati corretti o integrati alcuni riferimenti bibliografici – quali annata, numero, datazione, pagine – che erano stati riportati erratamente o che mancavano nelle bibliografie precedenti. Inoltre, sono state aggiornate anche le bibliografie riguardanti le menzioni, le recensioni e gli annunci pubblicitari ancora sconosciuti
relativi alle opere della Marchesa Colombi.
Vengono qui dunque riportati i titoli degli articoli individuati, divisi per testata e tipologia (L = letteraria, S = sociale, M = mista):

«Il Corriere del Lario»: Teste alate, XXVIII, nn. 175-186, 11-13-14-16-17-18-20-21-22-23-24- 25 agosto 1877 [L].

«Corriere della Sera»:
Volere è potere, III, n. 119, mercoledì/giovedì 1/2 maggio 1878 [S];
Corriere dei bagni, III, n. 212, sabato/domenica 3/4 agosto 1878 [S];
Ieri, al Filodrammatico, IV, n. 73, sabato/domenica 15/16 marzo 1879 [M];
Le strenne di Natale, IV, n. 354, mercoledì/giovedì 24/25 dicembre 1879 [S];
Libri di donne, VII, n. 9, lunedì/martedì 9/10 gennaio 1882 [M];
Farina e Verdinois, VII, n. 183, mercoledì/giovedì 5/6 luglio 1882 [L];
Da Sestri ponente, VII, n. 203, martedì/mercoledì 25/26 luglio 1882 [S];
L’Abate Constantin, VIII, nn. 35-60, 4/5-5/6-6/7-7/8-8/9-9/10-10/11-12/13-13/14-14/15- 15/16-16/17-17/18-18/19-19/20-20/21-21/22-22/23-23/24-24/25-25/26-26/27-27/28-28 febbraio, 1/2-2/3 marzo 1883 [L];
La ricreazione carnovalesca, VIII, n. 38, mercoledì/giovedì 7/8 febbraio 1883 [S];
Per Natale. I libri illustrati del signor Hoepli, VIII, n. 345, sabato/domenica 15/16 dicembre1883 [L];
Il regno delle Fate, IX, n. 25, venerdì/sabato 25/26 gennaio 1884 [L];
La carnovalata dei bambini in casa Susani, IX, n. 49, lunedì/martedì 18/19 febbraio 1884 [S];
Le signore all’Esposizione di Torino, IX, n. 182, giovedì/venerdì 3/4 luglio 1884 [S];
Lettera aperta alle Signore, X, nn. 32, 125, domenica/lunedì 1/2 febbraio e venerdì/sabato 8/9 maggio 1885 [S];
Lettera aperta ai bambini, X, n. 351, giovedì/venerdì 24/25 dicembre 1885 [S].

«Fanfulla»:
Skating-Ring, VIII, nn. 207-213, 1-2-3-4-5-6-7 agosto 1877 [L];
Lettere della Marchesa, VIII, n. 302, giovedì 8 novembre 1877 [S];
Le briciole della signora Patti, VIII, n. 317, venerdì 23 novembre 1877 [L];
La fine dell’anno, VIII, n. 351, venerdì 28 dicembre 1877 [M];
Profanazioni, IX, n. 37, venerdì 8 febbraio 1878 [S];
Una primizia, IX, n. 49, mercoledì 20 febbraio 1878 [L];
Biblioteca di Fanfulla. Da Milano all’isola Ceylan, IX, n. 63, mercoledì 6 marzo 1878 [L];
La Pasqua a Milano, IX, n. 109, domenica 21 aprile 1878 [S];
Biblioteca di Fanfulla. S. Farina. – Racconti e scene, IX, n. 186, mercoledì 10 luglio 1878 [L];
Dai bagni, IX, n. 210, domenica 4 agosto 1878 [S];
In alto, IX, n. 234, giovedì 29 agosto 1878 [S];
Libri nuovi. Alla finestra, novelle di Enrico Castelnuovo, IX, n. 254, mercoledì 18 settembre 1878 [L];
Uno sciocco a Brera, IX, nn. 262, 275, 289, venerdì 27 settembre, giovedì 10-24 ottobre 1878 [L];
Fanfulla a Milano. Un’adunanza di dame alla Società patriottica, IX, n. 339, sabato 14 dicembre 1878 [S];
Piccole cause, IX, nn. 340-342, 344-355, 15-16-17-19-20-21-22-23-24-25-26/27-28-29-30- 31 dicembre 1878; X, nn. 1-4, 6-35, 2/3-4-5-6-9-10-11-12-13-14-15-16-17-18-19-20-21-22- 23-24- 25-26-27-28-29-30-31 gennaio, 1-2-3-4-5-6-7 febbraio 1879 [L];
Per la Regina, X, n. 62, venerdì 7 marzo 1879 [S];
Al Quirinale, X, n. 68, giovedì 13 marzo 1879 [S];
Cose piccole, X, n. 73, martedì 18 marzo 1879 [M];
Da Milano. Grande serata di beneficenza, X, n. 96, giovedì 10 aprile 1879 [M];
Biblioteca di Fanfulla. Donnina forte, confidenze di Donna Conny, X, n. 114, martedì 29 aprile 1879 [L];
La messa di Verdi alla Scala, X, n. 178, venerdì 4 luglio 1879 [M];
I morti parlano, X, nn. 179-182, 184-194, 5-6-7-8-10-11-12-13-14-15-16-17-18-19-20 luglio 1879 [L];
“Fanfulla” a Milano. La lotteria per gl’inondati a Montemerlo, X, n. 240, venerdì 5 settembre 1879 [S];
Prima morire, X, nn. 258-269, 271-277, 279-287, 289, 291, 295, 298-300, 302-303, 305- 306, 309-310, 312-322, 324, 24-25-26-27-28-29-30 settembre, 1-2-3-4-5-7-8-9-10-11-12-13- 15-16- 17-18-19-20-21-22-23-25-27-31 ottobre, 4-5-6-8-9-11-12-15-16-18-19-20-21-22-23- 24-25-26- 27-28-30 novembre 1879 [L];
Il Natale degli spazzacamini, X, n. 353, martedì 30 dicembre 1879 [S];
Una nuova tranvia, XII, n. 281, sabato 15 ottobre 1881 [S];
Le briciole di Sarah Bernhardt, XIII, n. 68, lunedì 13 marzo 1882 [M].

«Gazzetta Piemontese», poi «La Stampa»:
Un sogno azzurro, X, nn. 291-305, 21-22-23-24-25-26-27-28-29-30-31 ottobre, 1-2-3-4 novembre 1876 [L];
Lettere, Arti e Teatri. Proprietà letteraria, XIII, n. 279, venerdì 10 ottobre 1879 [L];
L’Esposizione di Milano. Le buone massaie all’Esposizione, XV, nn. 140, 154, 168, 217, sabato
21 maggio, domenica 5 giugno, lunedì 20 giugno, lunedì 8 agosto 1881 [S];
Dall’Esposizione di Milano. Le signore all’Esposizione, XV, n. 190, martedì 12 luglio 1881 [S].

«Giornale dei viaggiatori»: Avventura di viaggio, I, n. 1, aprile? 1882 [L].

«Giornale per i bambini»:
Chi va piano va sano, III, n. 24, giovedì 14 giugno 1883 [L];
La festa della mamma, IV, nn. 30-31, giovedì 24-31 luglio 1884, pp. 479-480, 482-484 [L];
Il primo viaggio, V, nn. 2-4, giovedì 8-15-22 gennaio 1885, pp. 29-30, 46-47, 49-51 [L];
Lo Zio d’America, V, nn. 35-36, giovedì 27 agosto e 3 settembre 1885, pp. 557-560, 572- 574 [L];
Dagobar, VI, nn. 1-4, 6-7, giovedì 7-14-21-28 gennaio, 11-18 febbraio 1886, pp. 3-5, 27- 29, 33-34?, 52-54, 95, 99-100 [L];
Le storie del nonno. Due parole ai piccoli lettori. Come il nonno imparò a nuotare, VI, n. 22, giovedì 3 giugno 1886, pp. 337-339 [L];
Come il nonno si fece levare un dente, VI, n. 24, giovedì 17 giugno 1886, pp. 370-373 [L];
Come il nonno doventò un famoso ballerino, VI, n. 26, giovedì 1° luglio 1886, pp. 402-405 [L];
Come il nonno imparò a sonare il flauto, VI, nn. 28-29, giovedì 15-22 luglio 1886, pp. 446- 447, 449-451 [L].

«L’Illustrazione Popolare»:
Le affitta camere, XIX, n. 19, 7 maggio 1882, pp. 298-299 [L];
Consiglio, XXV, n. 3, 15 gennaio 1888, p. 42 [L];
Novità letterarie. I ragazzi d’una volta e i ragazzi d’adesso, XXV, n. 13, 25 marzo 1888, p. 195 [L];
Cara Speranza, XXV, n. 42, 14 ottobre 1888, pp. 659-663 [L];
Fiore d’arancio, XXVI, n. 8, 24 febbraio 1889, pp. 114-118 [L];
Note volanti, XXVIII, n. 18, 3 maggio 1891, p. 283 [L];
Fanciulla, XXVIII, n. 40, 4 ottobre 1891, p. 635 [L];
La vita al fresco. Sulle Alpi (A Matilde Serao), XXIX, n. 32, 7 agosto 1892, pp. 534-535 [S];
Album delle poesie. Novembre, XXIX, n. 45, 6 novembre 1892, p. 743 [L].

«Journal des Débats»: Dans la rizière. Conte de Noel, CVII, edizione della sera, 24-25-26-28-29-30-31 maggio, 3- 4-6-7-8-9-10-12-13-14-15-16 giugno 1895, p. 3 [L].

«Il Mattino»: Sulle Alpi (A Matilde Serao), 1892? [S].

«La Rassegna»: Le affittacamere, I, tra febbraio e maggio 1882? [L].

«Roma-Reggio»: La bambina di Sermide, I, 1880 [M].

Restano esclusi da questo elenco gli articoli già noti di cui sono stati corretti/integrati i riferimenti bibliografici, i giornali per i quali è emersa la collaborazione della Marchesa Colombi, ma di cui non è stato possibile visionare gli interventi nello specifico, e alcune puntate delle rubriche Lettera aperta alle signore (1880-1884) e Lettera aperta ai bambini (1881- 1884) del «Corriere della Sera». In alcuni casi non è stato possibile ultimare gli spogli, pertanto non si esclude che studi successivi possano portare alla luce nuovi scritti della giornalista in tali periodici. Vi sono altri giornali di cui si potrebbe effettuare uno spoglio, poiché sono state individuate notizie certe sulla collaborazione della Torriani o si ipotizza che la giornalista possa averci lavorato, visti i temi trattati e alcune notizie ricavate; sono i seguenti: «Almanacco del Fanfulla», «Almanacco del Giornale illustrato per i ragazzi», «L’Amico della gioventù e della famiglia», «L’Arte e la moda», «Il bazar. Giornale illustrato delle famiglie», «Corriere delle signore», «Il Crepuscolo», «Cronaca bizantina» (1881-1886), «Il Dovere», «Eleganza», «Flora Mirabilis», «Gazzetta del Popolo», «Il Giardino infantile italiano», «Il Gioiello delle Famiglie Milanesi», «Giornale delle donne. Parte
moda», «Giornale illustrato per i ragazzi», «Il giornalino della Domenica», «Guerin Meschino», «Intermezzo», «Margherita», «La moda. Giornale di lusso», «La Nación», «La Nazione», «Strenna italiana», «La Vita Napoletana», «Vita nuova».

Oltre alle individuazioni legate prettamente agli spogli dei periodici, lo studio ha contribuito a rilevare anche altri elementi significativi sulla carriera letteraria e giornalistica della Torriani.

«Elvira di Roccabruna», come si evince da un articolo sulla «Gazzetta Piemontese» di ottobre 1879, è un altro pseudonimo della giornalista novarese, adottato sul «Giornale delle donne. Parte moda».

La firma «March. Colombi», che compare in numerosi articoli del «Fanfulla» (1870-1873), alcuni dei quali ritenuti propri della Torriani [6] in realtà appartiene a Paolo Ferrari, commediografo e creatore del personaggio del Marchese Colombi da cui la giornalista attinse successivamente lo pseudonimo più celebre.

I testi narrativi della Marchesa Colombi furono pubblicati anche sui giornali stranieri, quali il parigino «Journal des Débats» e l’argentino «La Nación», che meritano uno studio più puntuale e spingono alla ricerca di altre possibili collaborazioni della Torriani al di fuori dei confini italiani.

L’autrice scrisse o realizzò insieme ad altri scrittori alcune opere ancora sconosciute: i volumi Strenna dell’Illustrazione Italiana (1876, 1878); il Tesoro (1880), ossia la traduzione dell’omonima opera teatrale di François Coppée; Ausonia, una raccolta di novelle per bambini (1881); il racconto Avventura di viaggio (1882); la traduzione del romanzo francese L’Abate Constantin di Ludovic Halévy (1883); Numero unico pei Bambini (1883); la raccolta Ritorniamo piccini! (1885); Calendario universale per le famiglie per l’anno 1895, ovvero una raccolta di racconti (1895); Novelle e bozzetti di autori italiani viventi (1895). Inoltre, alcune sue opere vennero tradotte, perfino in braille, e citate, in forma di motti, in alcuni ventagli dipinti da artisti celebri per la Festa del Ventaglio del 1913.

Nei suoi articoli il connubio fra cultura, impegno sociale, leggerezza e ironia è sempre efficace, specialmente quando il sarcasmo è dirompente e sovversivo nei confronti dei convenzionalismi del paradigma dominante maschilista e del credo religioso.
Ad esempio, le festività religiose (Natale e Pasqua in primis) sono spesso bersagli delle battute beffarde della Marchesa:

Oh le solennità! Mi lascino stare le solennità; sono la mia passione. Il capo d’anno, la Pasqua, i dolci ricordi della prima comunione, i fervori religiosi dell’adolescenza, i digiuni imposti dalle vecchie zie; un mondo di cose d’una soavità… ma d’una soavità… da far piangere. Si mangia l’agnello; una carne glutinosa che se è cotta è bruciata e se non è bruciata è cruda; un po’ stomachevole, ma punto nutritiva, leggerina; un cibo ideale, poetico che ricorda Dante nel verso: «.. dopo il pasto ha più fame che pria.» (La Pasqua a Milano, «Fanfulla», 1878)

La Colombi spesso enfatizza il potere miracoloso e divino attribuito alle terme di Salsomaggiore, oggetto di numerosi suoi articoli:

«Va [sic] – disse Gesù Cristo al paralitico – lavati alla piscina di Salsomaggiore, e camminerai». Poi bagnò un dito nell’acqua madre, e passandolo sugli occhi d’un cieco, gli rese la vista. C’è chi crede che anche per risuscitare Lazzaro lo immergesse in questo bagno salso-iodico. Però il bagnarolo Agostino, che è il più antico dello stabilimento, non se ne ricorda; e la cosa non è provata per mancanza di testimoni. (Dai bagni, «Fanfulla», 1878)

Il paese montano di Graglia (BI), luogo di villeggiatura, viene paragonato all’Eden:
Dobbiamo augurarci che la gratitudine dei villeggianti, e sopratutto i pettegoli articoli di giornali, compreso questo, non vadano divulgando il segreto di questo Eden; altrimenti l’affluenza degli accorrenti obbligherebbe noi poveri primi venuti a sgombrarne come Adamo ed Eva, sebbene, grazie ai frutti migliori della stagione, possiamo giurare alla Madonna del santuario che non abbiamo mangiato nessun pomo. (In
alto, «Fanfulla», 1878)

La disamina del pentolame proposto all’Esposizione di Milano del 1881 funge da espediente per ironizzare sulle dinamiche familiari dell’epoca e, in particolare, sul ruolo degli uomini:

gli uomini, non dirò che sieno esigenti, né egoisti, né brontoloni, – Dio mi guardi dall’offendere il loro sistema nervoso con parole offensive, – ma appunto hanno il sistema nervoso molto eccitabile, e quando qualche cosa non va a loro modo, c’è temporale in casa. – Specialmente a tavola, sono sempre sul guard’a voi! sempre in diffidenza; – se non esaminano ogni piatto col microscopio, se non ne fanno l’analisi chimica,
è per non procurarsi il disgusto di mangiar freddo. Ma studiano ogni boccone con raccoglimento, lo annusano con affettazione come l’Orco quando, sentendo in casa l’odore di Fagiolino, diceva: «Nusc, nusc! Comè sù de cristianusc!» Ed a mezzo d’un discorso interessante, delle notizie del giorno o dei progetti per la serata che gli andiamo comunicando, esclama esasperato: – Ma questa minestra ha un sapore!… – Ma questa carne ha un odore!… – E si rimette a studiare attentamente il piatto incriminato, in mezzo al lugubre silenzio della famiglia atterrita (L’Esposizione di Milano, «Gazzetta Piemontese», 1881, n. 140)

La giornalista scrisse recensioni letterarie, teatrali e su eventi d’arte più di quanto si pensasse; non si occupò semplicemente di commentare l’opera in questione – per adulti o per bambini – ma di parlare d’arte con la sua consueta vena ironica e di porre l’accento anche sulle dinamiche editoriali e della critica letteraria, di cui mise in luce le falle nei suoi articoli.
L’apertura di una mostra alla Pinacoteca di Brera (1878), ad esempio, offre alla Marchesa la possibilità di canzonare i visitatori inesperti che giudicano superficialmente le opere d’arte:

Uno sciocco promette poco bene in fatto di critica d’arte. Ed appunto per non ingannare nessuno, mi presento addirittura per quello che sono, perché i lettori sappiano quello che debbono aspettarsi. Vera critica d’arte, punta. Io non ne so fare. Non saprei dipingere neppure uno spaventa passeri in una aiuola di spinaci, sebbene ne abbia veduti parecchi fra i paesaggi di Brera, che potrebbero servirmi di modello. Dirò così alla buona l’impressione che ha fatto l’esposizione di Brera ai miei occhi profani. […] L’esposizione artistica di quest’anno a Brera è ricca. Vi sono molti, moltissimi quadri, troppi quadri. Ma si contano sulle dita quelli che inspirano un vero entusiasmo, ed avanzan ancora molte dita per contare quelli che non ne ispirano. […]
La Predizione e la Prima confessione del signor Gandi sono quadri curati nei particolari, ma ci manca la vita. La Predizione non predice sicuro il successo del quadro, e la Prima confessione confessa candidamente che non toccheranno a lei i premi dell’Esposizione. (Uno sciocco a Brera, «Fanfulla», 1878, n. 262)

Il suo humour beffardo colpisce anche le politiche di abbonamento dei periodici, tutti ugualmente intenti a stupire il pubblico con promesse mirabolanti che ogni anno si ripetono:

In carnevale tutti i cronisti di giornali si credono in obbligo di scrivere: Semel in anno licet insanire. Alla fine dell’anno si dovrebbe dire – se la variante in latino è accettabile: – Semel in anno licet insavire. […] Le contrizioni ed i proponimenti più clamorosi sono quelli dei giornali. […] Ogni giornale è il migliore di tutti gli altri che si pubblicano in Italia. Ma quali altri? Quelli che non sono il migliore? Se lo sono tutti! […] È una nobile gara di ravvedimenti, di confessioni, di propositi generosi, di promesse, di avvisi, di consigli.
L’individuo associato od associabile si vede l’oggetto di mille cure amorose. […] È commovente vedere tanta gente occupata unicamente del bene del prossimo. Vorrei sempre essere alla fine dell’anno per godere questo spettacolo. – Mi consola dei conti da pagare che mi piovono alla porta […]. E per essere amato, curato, tutelato, carezzato a questo modo basta abbonarsi ad uno di quelli infiniti periodici. […] A quale
abbonarsi di quei giornali? Ah! ecco; al migliore che si pubblichi in Italia. (La fine dell’anno, «Fanfulla», 1877)

La critica, invece, si fa severa nei confronti dei giornali che approfittano delle notizie spiacevoli per aumentare le vendite:

Era quel giorno orribile della morte del povero architetto Mengoni [ideatore della Galleria Vittorio Emanuele II di Milano]. Non lo conoscevo, né lui né i suoi. Ma quel genere di morte, in quel luogo, in quel momento aveva qualche cosa di atroce; quel carattere fatale che impaura. Ne avevo pianto; eravamo tutti tristi e muti. Ad un tratto, nel silenzio della sera, udii sbraitare giù nella via: «La grande notiziaaa… della disgraziaaa… avvenuta della morte dell’ingegner… un soldo!!» Ed a quel primo grido rispose un altro a sinistra, di qua, di là, un vociare sguaiato, una gara ignobile a chi strillava di più. Mi tappai gli orecchi inorridita, io che non conoscevo il morto. Figurarsi una vedova, accasciata da quella disperante sorpresa, che si sente urlare sotto la finestra la catastrofe che le ha spezzata la vita, e venderla come una mercanzia! Poi venne la morte del Re.
[…] Ma gli urloni dovevano esserci per andare sbraitando la: «Grande notiziaaa… della morte di Sua Maestà Vittorio Emanueleee!… un soldooo!» Ogni cittadino si sentiva personalmente offeso in mezzo al cordoglio […] da quelle grida profane. S’erano chiusi i negozi, s’erano abbrunate le bandiere, si erano decretati i funerali ed il lutto, e non s’era pensato a decretare il silenzio contegnoso e riverente che è il primo segno di rispetto dinanzi alla morte. Uscendo per le vie vestiti a bruno sentivamo per istinto di dover camminare lentamente ed a capo chino; e quelle grida stonavano col raccoglimento generale, facevano male al cuore. (Profanazioni, «Fanfulla», 1878)

I suoi articoli non mancano di denunciare anche l’atteggiamento abituale e discriminante degli editori e dei critici letterari nei confronti delle scrittrici:

non è un tantino vero che i signori critici guardano un poco dall’alto il lavoro delle donne, come un bambino guarda il lavorio d’un formicaio? […] ho qui schierati dinanzi parecchi libri di donne, e dico in verità che, se invece d’essere firmati da Bruno Sperani, da Sofia Albini, da Matilde Serao, lo fossero da nomi d’uomo dello stesso valore, le fanfare della critica avrebbero a quest’ora annunciato ai quattro venti il gaudio magno della loro nascita. Anzi, l’avrebbero annunziato prima, come la venuta del Messia […]. In tutto questo gli autori non c’entrano, s’intende; sono cabale da editori. Ma i giornali, anche quelli seri, che fanno una critica seria, ci si prestano. Ai libri di donne questa réclame non la si fa. L’autrice scrive tranquillamente; quando il lavoro è fatto lo offre ad un editore, il quale profitta della modestia dell’autrice per pagarlo poco; lo stampa senza chiasso, e lo manda ai librai, che lo mettono in vetrina fra molti altri volumi di traduzioni e ristampe, dietro i grandi cartelli d’annunci di libri da fanfara, che lo nascondono al pubblico. (Libri di donne, «Corriere della Sera», 1882)

L’autrice si rivolse in maniera efficace anche al pubblico dei fanciulli:
i racconti e le recensioni per bambini rivelano la parte più affettuosa e fantasiosa della sua personalità:

O ragazzi, ci ripensate qualche volta, ora che sapete leggere e leggete il Corriere, a quel mondo fantastico e bello, di fate e di maghi e orchi paurosi e di palazzi incantati e di trasformazioni stupefacenti, di cui vi si narrava quando eravate piccini piccini? Bel mondo, nevvero, dove i sogni della speranza non erano frenati dal prosaico limite del possibile! Io sono certa che non solo ci pensate, ma lo rimpiangete, e quando siete uggiti dalle lunghe giornate alla scuola, dai còmpiti difficili, dalle lezioni che martellano il cervello, nelle ore di ricreazione e di riposo, dite nel vostro cuore: «Oh se qualcuno mi raccontasse ancora una bella storia di fate!» (Il regno delle Fate, «Corriere della Sera», 1884)

Numerosi interventi di carattere sociale, invece, rendono evidente il costante e sentito interessamento della Torriani nei confronti dei bambini bisognosi, come si evince dal suo resoconto del pranzo di Natale a sostegno dei bambini spazzacamini, che si teneva ogni anno a Milano, o dalla rubrica Lettera aperta ai bambini, con la quale promuoveva la Fiera natalizia di giocattoli di Milano attraverso cui si raccoglievano fondi per gli asili dei bambini delle famiglie più povere:

Un’infinità di preoccupazioni, fra cui primeggiavano il panettone, il tacchino e le strenne di Ceppo, mi hanno impedito di servire caldo caldo al Fanfulla il pranzo degli spazzacamini. Ed è un peccato, perché quel risotto fumante mandava un olezzo così grato, quell’arrosto aveva un aspetto così appetitoso, quel panettone era così fresco e quel vino così abbondante, da far onore davvero alla generosità degli anfitrioni che offrivano il pranzo. […] Erano loro stessi i membri del patronato per gli spazzacamini, diretti dal principe Pio di Savoia, che porgevano i piatti, spezzavano il pane, mescevano il vino ai bruni ospiti. […] I commensali erano centoquaranta e quasi tutti bambini. […] La carità, più attiva della rettorica, ne ha mutate le condizioni e l’aspetto. In quelle stesse sale dove ogni anno a Natale siedono a pranzo come una grande famiglia in festa, ogni domenica c’è una scuola gratuita di lettura e scrittura per gli spazzacamini. (Il Natale degli spazzacamini, «Fanfulla», 1879)

E pensa ai quei bimbi poveri, delle case buie, a pian terreno, poco sorvegliati dalle mamme che hanno un mestiere da esercitare fuori di casa per mantenere la famiglia […] bisogna che i bambini ricoverati [negli asili per famiglie povere] vi trovino il benessere che trovarono finora i loro piccoli fratelli di sventura negli altri presepi aperti da tanti anni. E per questo s’è aperta la fiera [di beneficenza a sostegno degli asili], e per questo dovete andarvi, bambini ricchi e felici. (Lettera aperta ai bambini, «Corriere della Sera», 1885)

La Marchesa Colombi fu anche un’acuta osservatrice, capace di ritrarre magistralmente e fin nelle più piccole sfaccettature la psiche umana e la realtà sociale, economica e culturale della sua epoca, specie del ceto medio-alto milanese, dal lavoro alle forme di intrattenimento, dal vestiario all’arredamento, dai soggiorni estivi alla beneficenza, dando vita a una galleria di quadri realistici sulla società tardo ottocentesca che rappresentano per noi fonti preziose di conoscenza al riguardo.
Ad esempio, l’apertura di un nuovo magazzino in centro a Milano e l’affermarsi della moda del lunch permettono alla giornalista di descrivere alcuni elementi della mondanità dell’epoca:

«I signori Bocconi hanno comperato l’albergo Confortable, e l’hanno chiamato: – Aux villes d’Italie. – Quel povero pezzettino di Milano è destinato a non aver mai un nome italiano. È un distaccamento francese. Ora ne hanno fatto un negozio di stoffe, di guarnizioni, di piume, di fiori, di biancheria, di profumi, di scarpe, un po’ di tutto, e d’ogni erba un fascio. Vi sono delle cose belle che costano molto; e delle cose che costano poco – e valgono altrettanto. Precisamente come in tutti gli altri negozi. Ma che locali! Che dorature! Che portiere! Ci si va per vedere gli appartamenti. Si passeggia, si sale, si scende, si piglia in mano la roba, si domandano i prezzi. E, se anche non si compera nulla, non ci si fa scorgere, sai. C’è una confusione là dentro che nessuno si accorge se s’ha comperato o no. Ora è di moda andar da Bocconi tra la colazione e le visite. È la che si dà appuntamento alle amiche per uscire poi insieme. Vieni presto a vedere. Che cosa ci fai ancora in
campagna. Parli di politica col farmacista ed il segretario comunale? […] Il servizio del lunch non dev’essere simmetrico come un servizio da tavola. Dev’essere una raccoltina di oggetti artistici, preziosi per data, per la rarità, per il paese da cui vengono, ecc. Ad ogni visita la signora offre qualche pasticcio ed un bicchierino di vino, o di liquore. A Parigi i liquori sono banditi dai lunch. Da noi le rosoliere ci fanno invece buona figura. Alle cinque poi la signora prende un grembialino bianco tutto batista, trine e ricami – un vezzo – se lo mette dinanzi puntato sul petto, come una brava massaia, e fa il tè per gli ultimi visitatori. Allora si forma un circoletto animato, dove la noia non è possibile perché il tempo è breve; dove tutti hanno da dire le notizie del giorno ed i progetti della sera; dove si promettono visite in teatro; si fanno scommesse, programmi, combinazioni liete, e si attinge per il pranzo una buona dose di buon umore in compenso della maggior dose d’appetito che ci si perde. (Lettere della Marchesa, «Fanfulla», 1877)

Anche le mostre d’arte, sebbene non fossero d’interesse generale, rappresentavano un momento di vita sociale significativo:

Ma tiriamo via, via […], perché l’esposizione è lunga e la vita è breve. Saltiamo. […] Misericordia! Mi pareva d’aver corso tanto, e c’è ancora una sfilata di sale da vedere. Domani verrò a Brera sul velocipede.
(Uno sciocco a Brera, «Fanfulla», 1878, n. 275)

La giornalista non dimentica di evidenziare quanto fossero cari certi prodotti esposti nelle fiere nazionali:

Ottomila lire per tutto questo [arredo]! E nella galleria dei ricami ho veduto quattro metri di trina a punto di rosa, che costano dieci mila lire! E ci dovrà essere di certo qualcuno che lo comprerà, altrimenti non si sarebbe studiato tanto per imparare quel punto antichissimo e rifarlo, e rimetterlo in commercio. E dire che una signora porterà ad una festa, ad un ballo, appesa al vestito, la pace, il benessere, e magari anche la
felicità d’una famiglia! La casina bianca colle gelosie verdi e tutto! Dev’essere grave la danza con quel peso sull’abito e sulla coscienza, se non s’è pensato ad alleggerirsi da un altro lato, togliendosi dalla borsa una buona somma per darla a chi ne ha bisogno. (Le signore all’Esposizione di Torino, «Corriere della Sera», 1884)

La moda è un argomento assai frequente e ben sviluppato nei suoi articoli:
Dopo essersi impensierite, affaticate tutto il novembre, per combinare le tolette da visita e da passeggio dell’inverno, appena passato il Santo Stefano, le signore eleganti non si curano più affatto di quanto si usa portare in istrada. Escono, per lo più di mattina, tutte ravvolte nella pelliccia, […] e vanno dal merciaio, vanno dalla sarta, vanno dalla modista, e dalla fiorista, e dalla trinaia, e dal gioielliere; ma sempre per preparare le abbigliature da sera. Quello è il gran pensiero, il grande affare del momento. Le toilettes de ville non contano più. (Lettera aperta alle Signore, «Corriere della Sera», 1885, n. 32)

I suoi interventi ritraggono anche le abitudini dei Milanesi in fatto di soggiorni estivi:
La tua lettera, Matilde [Serao] cara, ha vagato per valli e per monti, ha traversata la splendida ed austera Val d’Ossola, è salita a rabbrividire in quell’eterno vento rigido del Sempione, per venirmi a raggiungere. Il mio indirizzo a Milano! Ma chi è più al suo indirizzo a Milano, oggi? Milano in giugno, – e per tutto luglio ed agosto, – diventa una grande incubatrice, nella quale gli istinti di razze nomadi, che giacciono latenti in ciascuno di noi, per atavismo, rinascono, e ci spingono ad attendarci, dovunque vi sono sterminate trasparenze opaline di aria, superba maestà di monti, vastità d’azzurro e bagliori d’oro. Lontano o vicino, per breve o per lungo tempo, al mare, ai laghi, in montagna, sui colli, magari in mezzo agli orti lombardi ed ai prati, a Crescenzago o ad Abbiategrasso, tutti i milanesi se ne vanno al verde…. anche quelli che sono al verde tutto l’anno. Io ti scrivo da Fiesch [in Svizzera], un nido di corvi; ma è così bello! (La vita al fresco. Sulle Alpi (A Matilde Serao), «L’Illustrazione Popolare», 1892)

La scrittrice, inoltre, fu una donna attenta alle esigenze dei gruppi sociali discriminati o emarginati, dai poveri alle vittime delle calamità naturali, dagli infermi o disabili alle donne lavoratrici, quali le maestre, le impiegate, le scrittrici, le giornaliste, le mondine e le domestiche, e per questa ragione coinvolta in prima linea nelle iniziative di beneficenza e nella lotta per i diritti delle donne, di cui spesso riferì sui giornali.
Ad esempio, alcuni suoi articoli riportano l’esperienza di un’adunanza femminile, evento inconsueto, che si riunì per celebrare la regina Margherita:

L’hanno veduta mai, signori lettori, un’adunanza di dame? Ah, ma badino, non parlo d’un ballo, né d’una conversazione. Parlo d’un’adunanza seria, con un ordine del giorno, una votazione, uno scrutinio, un presidente, un campanello e nessuno sgabellino ai piedi. Ebbene, io l’ho veduta ieri nella sala della Società patriottica […]. […] Il presidente – non era una presidentessa – disse che l’eccezione fu fatta, perché lo domandavano signore gentili, per un motivo gentile; ma io credo sia stata fatta unicamente perché si trattava d’un motivo patriottico; ed il patriottismo non ha sesso, o piuttosto è d’ogni sesso. (Fanfulla a Milano. Un’adunanza di dame alla Società patriottica, «Fanfulla», 1878)

Colla medaglia verrà presentato a Sua Maestà [la Regina Margherita] un indirizzo firmato da tutte le signore del comitato, a nome delle donne milanesi. […] Fra gli emblemi e gli stemmi che la fregiano è chiuso un medaglione contenente un vecchio motto latino della casa Savoia, ch’io ripeterò in italiano, perché c’è della gente biliosa che si irrita ad ogni citazione latina ch’io lascio scappare ne’ miei scritti. Figurarsi! qualcuno potrebbe credere ch’io so il latino; attribuirmi un merito che non ho… hanno ragione, povera gente; c’è da morirne. Quel motto adunque in italiano significa: «Nessuno s’attenti a toccare la casa di Savoia, perché Dio la protegge». (Per la Regina, «Fanfulla», 1879)

In più occasioni la giornalista sostiene le cause femminili e le potenzialità delle donne, spesso ostacolate dalle controparti maschili:

Dio m’è testimone che io non ho mai preso parte al coro di querimonie delle signore emancipatrici sulle miserrime condizioni della donna; non ho mai chiamati gli uomini tiranni; non ho mai preteso, col mio piccolo giudizio di rivedere le buccie al codice; ecc. ecc. Ho le mie idee a questo proposito, ed una delle mie idee è che quando le donne hanno capacità ed attività, riescono a farsi strada, ed a guadagnarsi da vivere se ne hanno bisogno, senza che occorra per questo un brevetto d’emancipazione. (Libri di donne, «Corriere della Sera», 1882)

Sono numerosi anche i suoi interventi che promuovono o rendono conto delle diverse iniziative di beneficenza, specialmente di quelle organizzate a Milano:

Appena risuonarono gli ultimi accordi, incominciarono a cadere mazzi, corone, fiori sparsi, una tale pioggia,un tale diluvio di fiori, da far pensare a quell’imperatore romano, che dopo aver deliziato i suoi convitati con un banchetto luculliano, fece scoperchiare il tetto della casa, e li fece seppellire affogati sotto una pioggia di rose. Intanto al camerino del teatro si raccoglieva un introito di trentaseimila lire. Una pioggia refrigerante di biglietti di banca, sulle miserie degli inondati [italiani del 1879]. (La messa di Verdi alla Scala, «Fanfulla»,
1879)

La Torriani fu persino in grado di prevedere invenzioni, come quella dei guanti da cucina che lei stessa asserisce di aver brevettato in occasione dell’Esposizione di Milano (1881), e avvenimenti futuri, come lo sfruttamento delle correnti d’acqua per la produzione di elettricità:

Una cosa che fu sempre un mio desiderio, ed è un desiderio ed un bisogno per tutte le massaie, manca assolutamente all’Esposizione [di Milano del 1881], e credo non sia stata ancora inventata. Cioè, l’ho inventata io, e qui, nel segreto della Gazzetta Piemontese, la confido in un orecchio ai signori Pirelli e Casassa, fabbricanti di oggetti di caoutchouc, aggiungendo però nell’altro orecchio, che domando centomila
lire per cedere il brevetto d’invenzione. Le donne, anche le più casalinghe, hanno l’ambizione di conservarsi le mani meglio che sia possibile, e questo è un problema difficile da risolvere quando si debbono sbrigare le faccende di casa. […] Io propongo dunque ai signori Pirelli e Casassa, o a quell’altro fabbricante che si sentisse disposto a farlo, di preparare dei guanti impermeabili di caoutchouc finissimi, che non tolgano alla mano la libertà dei movimenti. Le signore potranno con quelli preservare le loro manine da qualsiasi guasto, immergerle nell’acqua, ed anche, e quel che è più, lavarli quando occorre, per mantenerli sempre puliti, senza bisogno di toglierli. […] Vendendoli a due lire, avrà un guadagno netto di due milioni e dugento cinquanta mila lire ogni volta che le donne italiane ne consumeranno un paio ciascuna; mettiamo una volta all’anno. È una rendita da Nababbi, sulla quale è così poco la somma che ho domandata di cento mila lire, che, tutto ben considerato, ci aggiungo un paio di guanti per conservare le mie mani agli articoli futuri.
(Dall’Esposizione di Milano. Le signore all’Esposizione, «Gazzetta Piemontese», 1881)

Forse un giorno tutte queste ricchezze e forze di acqua si sfrutteranno per produrre torrenti di luce elettrica, ad illuminare i nostri piccoli alberghi alpestri, a farli rassomigliare agli antipatici e pomposi alberghi dei centri frequentati. Deve venire, pur troppo, un giorno in cui il progresso invadente livellerà ogni cosa, distruggerà la poesia rustica della campagna, la solitudine ed il silenzio delle grandi altezze. Me lo dicono le montagne, le vecchie montagne che adoro, e che, nel loro linguaggio alto e solenne mi parlano di remote esistenze passate, e di alte [sic] esistenze che verranno, remotamente. (La vita al fresco. Sulle Alpi (A Matilde Serao), «L’Illustrazione Popolare», 1892)

In definitiva, da queste nuove testimonianze ancora di più emerge che Maria Antonietta Torriani fu un’intellettuale dalla cultura vasta ed eterogenea, che spaziava dalla letteratura italiana e straniera alla storia, dalle lingue moderne a quelle classiche, dal teatro alla moda, dall’arte alla scienza, senza dimenticare le questioni sociali della sua epoca. La scrittrice novarese si distingue pertanto come una persona lungimirante e incredibilmente attuale, testimone e interprete delle correnti ideologiche che si andarono sviluppando nel corso dell’Ottocento e che posero le fondamenta per la società del Novecento e del millennio in corso: si tratta, dunque, di una figura che merita di essere conosciuta e di cui ancora oggi abbiamo tanto da scoprire.

Nicole Ferreiro
25/03/2022

Note:

1 Si tratta della seguente tesi di laurea magistrale: Nicole Ferreiro, La carriera giornalistica della Marchesa Colombi, tra letteratura e impegno sociale, Università del Piemonte Orientale, Vercelli, a.a. 2019-2020. La tesi è stata realizzata sotto la supervisione della relatrice Cecilia Gibellini, della correlatrice Elena Maiolini e di Silvia Benatti, nota esperta della Marchesa Colombi.

2 La Bibliografia delle opere in riviste: un contributo curata da Paola Chiesa e inserita negli atti del convegno La Marchesa Colombi: una scrittrice e il suo tempo (2001) ha costituito il punto di partenza, integrata dallo studio di Emmanuelle Genevois, Bibliographie des oeuvres de la Marchesa Colombi Maria Antonietta Torriani-Amelia Lorrit-Torelli-Viollier (1996), dalla Bibliografia dei periodici femminili lombardi 1786-1945 curata da Rita Carrarini e Michele Giordano (2003), dall’analisi del periodico «Cornelia» di Patrizia Guida (2012) e dall’ultima
ricostruzione di Maria Teresa Cometto (2020).
3 I motivi sono da ricercarsi nello scoppio della pandemia da COVID-19 che ha reso le operazioni in loco più complesse.
4 Lo studio, a tal proposito, nella parte finale, indica alcuni suggerimenti per proseguire la ricerca.
5 Le cifre tengono conto del seguente criterio: nel conteggio sono state considerate come un unico risultato le puntate dei racconti/romanzi e delle rubriche; se, invece, si contano tutte le singole puntate, le cifre sono rispettivamente 818 e 281.
6 Si veda la bibliografia di Paola Chiesa sopra citata.

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